la comunità di Reaglie si è raccolta attorno al suo parroco
DON CARLO COLLO
durante la celebrazione eucaristica delle ore 10:30
per ringraziare insieme il Signore per i
10 anni
di presioso servizio nella nostra parrocchia
Al termine della s. Messa rinfresco nel salone parrocchiale
Mercoledì 13 Aprile 2016
alle ore 21
alla Madonna del Pilone
le comunità dell'Unità Pastorale 23 incontrano i due migranti che saranno a breve ospitati nei locali messi a disposizione dalla parrocchia della Madonna del Pilone per accoglierli e fare la loro conoscenza.
Insieme alle Comunità parrocchiali dell'UNITA' PASTORALE 23, aderiamo all'invito del Papa Francesco e del nostro Arcivescovo Cesare, mettendoci a disposizione per accogliere alcuni profughi almeno per un anno.
C'è bisogno dell'aiuto di tutti, secondo le possibilità di ciascuno.
Vi chiediamo pertanto di segnalare all'indirizzo di posta elettronica:
parrocchieup23@gmail.com
la vostra disponibilità ed impegno a contribuire in una delle seguenti forme:
La segnalazione dovrà essere completa di nome, cognome, indirizzo, recapiti telefonici ed e-mail
Oppure compilare il modulo (da scaricare cliccando qui) e consegnarlo al parroco.
Ringraziamo fin d'ora per l'attenzione e la disponibilità.
Il conto corrente attivato per il progetto è: IBAN IT850335901600100000141377
intestato a : Società S.Vincenzo de' Paoli ONLUS - presso Banca Prossima
il Gruppo Accoglienza Rifugiati
per maggiori dettagli sul progetto vedere gli allegati verbali degli incontri del Gruppo Accoglienza, la nota della CEI e l'invito del nostro arcivescovo mons. Nosiglia:
- verbale dell'incontro del 20 gennaio 2016
- verbale dell'incontro del 2 febbraio 2016
- Indicazioni della CEI alle diocesi circa l'accoglienza dei Richiedenti Asilo e Rifugiati
- Mons. Nosiglia, accoglienza ai profughi: lettera alla Diocesi e ai cittadini
Dal discorso di Papa Francesco in occasione dell'Angelus del 7 settembre 2015
Ogni parrocchia ospiti una famiglia di migranti
"[...] Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere "prossimi", dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: "Coraggio, pazienza!...". La speranza cristiana è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura.
Pertanto, in prossimità del Giubileo della Misericordia, rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto concreto in preparazione all'Anno Santo della Misericordia.
Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d'Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma.
Mi rivolgo ai miei fratelli Vescovi d'Europa, veri pastori, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che Misericordia è il secondo nome dell'Amore: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40).
Anche le due parrocchie del Vaticano accoglieranno in questi giorni due famiglie di profughi."
Il 20 marzo 2014 Don Gianni Sola è ritornato alla Casa del Padre
Domenica 27 aprile
in Parrocchia a Reaglie nella
Santa Messa delle ore 10.30
la Comunità si è raccolta in preghiera nel ricordo di don Gianni
NELLA CASA DEL PADRE VI SONO MOLTI POSTI
(Dal vangelo di Giovanni 14, 1-6)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. lo vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via».
Signore,
vogliamo ricordare don Gianni,
una persona che abbiamo amato,
che ha occupato un posto speciale
nel nostro cuore e nella nostra vita.
Le nostre lacrime per la sua morte
sono lacrime d'amore, di riconoscenza, di commiato.
Vogliamo ringraziare te e il nostro caro don Gianni
delle gioie che abbiamo condiviso assieme;
vogliamo chiedere perdono
per quelle volte che ci siamo fraintesi o urtati
riconoscendo che ogni storia umana
è fatta di limiti e di imperfezioni.
Confortaci, o Signore,
attraverso i ricordi che ci ha lasciato.
Fa' che lo ripensiamo, com'è, vivo presso di te.
Non ci ha lasciati, ci ha preceduti nella casa del Padre.
Non diciamo più « addio »; diciamo « arrivederci! ».
sulla Voce del Popolo del 13 aprile 2014 è comparso un articolo a firma di Alberto Riccadonna: per leggerlo clicca qui.
Sabato 5 aprile 2014, dalle 9 alle 16, presso la sala convegni del Cottolengo (via Cottolengo 12), si è tenuta una giornata di approfondimento sui temi emersi nella prima fase (intra-ecclesiale) dell'Agorà del Sociale. Hanno partecipato all'incontro i rappresentanti di varie associazioni e realtà diocesane.
Dopo un intervento introduttivo dell'Arcivescovo, mons. Cesare Nosiglia (clicca qui per scaricare il testo della sua presentazione), è stata proposta una relazione del professor Vincenzo Giorgino della Facoltà di Economia. Sono seguiti lavori di gruppo e un dibattito conclusivo.
Lunedì 7 aprile, presso il santuario della Consolata si tiene l'incontro con i responsabili delle principali realtà istituzionali, culturali e sociali, del mondo del lavoro, della formazione e del welfare del territorio torinese.
L'Agorà del Sociale è uno spazio di riflessione promosso dall'Arcivescovo con diversi soggetti (intra - ecclesiali ed extra-ecclesiali) sul tema del "futuro" del nostro territorio, a partire dai bisogni emergenti di chi vive in situazione di povertà e fragilità. L'approccio a questa problematica non può avere un taglio assistenziale: come comunità cristiana e civile non ci si deve confinare in aspetti solidaristici che, seppur importanti, non promuovono un impegno sociale e politico rettamente inteso.
Il percorso intende rispondere a una domanda di fondo: quali sono le vie su cui impegnarci in modo prioritario e facendo squadra tra tutte le componenti della società a cominciare dagli stessi soggetti destinatari dei vari servizi, per ridare slancio a una ripresa economica, culturale , etica e sociale del nostro territorio?
Si tratta di tracciare i passi del futuro su cui puntare uniti. L'Agorà dovrà essere un percorso progettuale per stimolare una strategia appropriata per il futuro del nostro territorio sia in campo sociale, politico e culturale, sia in quello di un rinnovato welfare di comunità. Quello che interessa è dunque puntare, per la ripresa, su alcuni impegni prioritari per superare il gap che si sta sempre più creando tra quelle che l'Arcivescovo ha definito "le due città". Gente che sta ancora relativamente bene e che ha cavalcato il cambiamento in atto, ricavandone addirittura vantaggi, e gente, sempre più numerosa, che dal ceto medio è discesa sotto la soglia della povertà.
L'Agorà procede in tre fasi:
- la prima, che è stata avviata nei mesi scorsi e termina ad aprile 2014, coinvolgendo nella riflessione e progettazione le realtà intra-ecclesiali
- la seconda che coinvolge le realtà extra-ecclesiali che sarà avviata nel mese di aprile fino a maggio.
- la terza sarà il momento assembleare più ampio e intenso (vicino alla ricorrenza di San Giovanni) in cui tutte le componenti del sociale (ecclesiali e civili) si uniranno per mettere insieme i risultati delle due fasi precedenti e avviare un comune confronto per definire la programmata strategia del futuro.
Le fasi si muoveranno sugli stessi binari di indagine e di confronto ragionando su alcuni ambiti che ruotano su un punto centrale: come dare vita a un nuovo modello di sviluppo che metta al centro sempre e ovunque la persona e sia basato su stili di vita condivisi di gratuità e fraternità.
CHE COSA SI PREFIGGE L'AGORA' DEL SOCIALE
Il percorso dell'Agorà finora svolto ha individuato tre assi sui quali portare la riflessione con al centro il modello di persona, a cui consegue un preciso "modello di sviluppo" che è da proporre. Gli assi sono: welfare, educazione, lavoro.
Occorre definire:
1- un nucleo intorno al quale costruire l'intersecazione fra lavoro educazione e welfare
2- definire i soggetti
3- definire le vie che permettano di raggiungere l'obiettivo
1) Nucleo: modello di sviluppo
Lavorare intorno ad un nuovo "modello di sviluppo" che arrivi a suscitare nella comunità civile e religiosa la consapevolezza che tutti siamo chiamati ad agire, non solo gli addetti ai lavori.
Un "modello di sviluppo" che tenga conto della persona nella sua interezza, delle categorie antropologiche più che economiche.
Come passaggio previo è necessario chiarirsi su che cosa intendiamo per "modello di sviluppo" perché non è scontato che diamo tutti lo stesso significato.
2) Soggetti: comunità – realtà istituzionali ed ecclesiali, associazioni di categoria– ogni cittadino.
Il soggetto primario che se ne occupa è la comunità cristiana e civile in quanto tale, la cui responsabilità risiede nel testimoniare al suo interno questo cambiamento per poi essere capace di stimolare i diversi soggetti esterni ad essa. Anche le realtà istituzionali, le associazioni di categoria e i gruppi sono chiamati in causa per operare in sinergia. Ogni persona coinvolta dunque nelle sue varie esperienze di lavoro, e di servizio e di partecipazione, deve farsi carico di superare il meccanismo della delega, collaborando in prima persona per raggiungere gli obiettivi comuni decisi insieme.
3) Quali vie?
La responsabilità, come categoria che sa mettere in comunicazione gli ambiti religiosi e civili.
Favorire le reti: nella frontiera del sociale, che è la più complessa, bisogna andare uniti, passando da una visione individualista ad una basata sul principio di sussidiarietà.
Concretezza: favorire un percorso che porti ad elaborare un progetto comune fra diversi settori coinvolti per evitare la frammentazione e dare continuità al percorso svolto dall'Agorà negli anni successivi.
Per guardare avanti con rinnovato coraggio e speranza.
L'agorà intende innestare un volano di speranza e di fiducia ripartendo dalla convinzione che è possibile superare le difficoltà attuali con un impegno condiviso da parte di tutte le componenti della società civile ed ecclesiale.
Le stesse realizzazioni in atto in tante imprese e progetti in corso, sul piano della creatività e qualità in campo industriale, universitario, culturale e sociale, sostenute da un più organico collegamento e coordinamento nella progettazione e nell'agire comune sul territorio, possono condurre a superare la frammentazione delle forze e delle risorse e a puntare insieme su alcuni obiettivi di ampio respiro, concreti e fattibili, che ridiano slancio nell'affrontare le difficoltà e alla intraprendenza di cui si è sempre dimostrata capace la nostra gente.
Per ulteriori informazioni: Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, tel. 011/5156354, email lavoro@diocesi.torino.it
AUGURI
San Carlo Borromeo, di cui il nostro parroco porta il nome, era nato nel 1538 nella Rocca dei Borromeo, sul Lago Maggiore, era il secondo figlio del Conte Giberto e quindi, secondo l'uso delle famiglie nobiliari, fu tonsurato a 12 anni. Studente brillante a Pavia, venne poi chiamato a Roma, dove venne creato cardinale a 22 anni. Fondò a Roma un'Accademia secondo l'uso del tempo, detta delle «Notti Vaticane». Inviato al Concilio di Trento, nel 1563 fu consacrato vescovo e inviato sulla Cattedra di sant'Ambrogio di Milano, una diocesi vastissima che si estendeva su terre lombarde, venete, genovesi e svizzere. Un territorio che il giovane vescovo visitò in ogni angolo, preoccupato della formazione del clero e delle condizioni dei fedeli. Fondò seminari, edificò ospedali e ospizi. Utilizzò le ricchezze di famiglia in favore dei poveri. Impose ordine all'interno delle strutture ecclesiastiche, difendendole dalle ingerenze dei potenti locali. Un'opera per la quale fu obiettivo di un fallito attentato. Durante la peste del 1576 assistette personalmente i malati. Appoggiò la nascita di istituti e fondazioni e si dedicò con tutte le forze al ministero episcopale guidato dal suo motto: «Humilitas». Morì a 46 anni, consumato dalla malattia il 3 novembre 1584.
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A san Carlo Borromeo dobbiamo il trasferimento della Sindone da Chambéry a Torino avvenuta nel 1578 su iniziativa di Emanuele Filiberto che voleva così favorire il vescovo, ormai malato, abbreviandogli il viaggio che aveva intrapreso a piedi da Milano per venerarla.
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