Lc 4,16-30
Per ben comprendere il Giubileo cristiano occorre dare il dovuto rilievo all'unico passo del NT in cui viene menzionato l'anno giubilare, Lc 4,16-30 di cui riportiamo solo i vv 16-21:
16 Venne [Gesù] a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere.
17 Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
18 Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
19 a proclamare l'anno di grazia del Signore
(κηρύξαι ἐνιαυτὸν κυρίου δεκτόν).
20 Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.
21 Allora cominciò a dire loro:
«Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Mt Mc e Lc narrano sostanzialmente lo stesso episodio ma mentre i primi due si limitano a dire che Gesù «viene nella sua patria» (Mc 6,1; Mt 13,54) soltanto Luca afferma che «venne a Nazaret, dove era stato allevato» (Lc 4,16). Soltanto Luca racconta che Gesù «si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo che inizia con: Lo Spirito del Signore è sopra di me...!» (Lc 4,16-18; Is 61,1) e termina con: «predicare un anno di grazia del Signore» (Lc 4,19; Is 61,2). Dopo aver letto questo brano Gesù subito dichiara che proprio "questa Scrittura" si era adempiuta in quel giorno. L'espressione di Is 61,2 tradotta "anno di grazia" si rifà chiaramente alla legislazione del Libro del Levitico sull'anno giubilare (Lev 25,10-13) che abbiamo visto la volta scorsa. A Nazaret quindi Gesù ha proclamato un anno giubilare.
Diversamente dagli altri evangelisti Luca, ha scelto di dare a questo episodio il primo posto nel suo racconto del ministero di Gesù, conferendogli un valore programmatico: a Nazaret Gesù interpreta la sua missione messianica come il compimento di una profezia che annunciava la predicazione di un anno giubilare. Tutto il ministero di Gesù va quindi inteso in questa prospettiva.
Anche il modo con cui il vangelo di Luca cita Isaia rivela una particolare interpretazione dell'anno giubilare. Dopo aver parlato di "proclamare [...] ai ciechi il recupero della vista", Luca ha aggiunto: "rimettere in libertà gli oppressi", espressione tratta da Is 58,6, dove vengono proposte varie iniziative di liberazione («sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo» Con questa aggiunta Lc vuole insistere maggiormente sul fatto che l'anno giubilare deve essere un anno di liberazione. Questo aspetto, già presente nella profezia di Is 61,1-2 che parlava di "proclamare ai prigionieri la liberazione", il Vangelo lo ribadisce, parlando una seconda volta di "liberazione" e lo rafforza in quanto questa seconda volta non si tratta più semplicemente di "proclamare" ma di "rimettere in libertà" effettivamente. Questo orientamento del vangelo collima perfettamente con la comprensione biblica del Giubileo in Lev. 25,10: «Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione (ebraico derur, greco aphesis) nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo». Questa liberazione era anzitutto per gli schiavi ebrei, ma comprendeva anche la remissione dei debiti. Era prescritta per ogni settimo anno (cf Dt 15,1-3,12 ; Ger 34,13-14), ma in modo speciale dopo sette volte sette anni, cioè nell'anno del giubileo. Il Vangelo riprende con insistenza questa prospettiva per caratterizzare la missione di Gesù. Il fatto non manca di essere illuminante e stimolante per la celebrazione dei nostri giubilei di oggi, che dovrebbero recare un forte contributo alla liberazione delle persone in svariati modi.
Ma se il Vangelo di Lc opera delle aggiunte si permette anche delle soppressioni non meno significative. La citazione originaria di Is 61,2 suonava così: «[mi ha mandato] a proclamare l'anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta per il nostro Dio» come a dire: Dio interverrà per liberare il popolo ebraico ma anche per castigare i suoi nemici: Il Vangelo ha intenzionalmente omesso ogni accenno alla vendetta sugli altri popoli. In tal modo ha concentrato il giubileo di Gesù solo sul positivo e gli ha conferito un'apertura universale: il giubileo è portatore di liberazione per tutti.
Questa apertura universale è proprio ciò che i nazaretani non accettavano e ne è prova il loro tentativo fallito di impadronirsi di Gesù a loro vantaggio e la loro reazione stizzosa e polemica nei confronti di Gesù che fa presente come Dio abbia soccorso anche la vedova pagana di Sarepta e il lebbroso straniero siriaco.
Quali insegnamenti traiamo da questo brano evangelico per interpretare e vivere il nostro giubileo di oggi.
1. Gesù non ha proclamato e attuato un giubileo circoscritto all'anno felice del suo intervento nella sinagoga di Nazaret ma ha inaugurato a Nazaret un giubileo perenne, ininterrotto che durerà fino alla fine dei tempi «Tutto il tempo dopo Cristo è il tempo di salvezza; c'è dunque, un unico anno santo, quello inaugurato da Gesù a Nazaret» (Giuseppe De Rosa).
Se quindi «ogni anno è santo per la presenza salvatrice di Cristo» (De Rosa), che senso ha indire un anno santo giubilare - obiettano i cristiani non cattolici -? Occorre che i cattolici si guardino dal dare anche solo l'impressione che il giubileo cristiano venga ad aggiungersi al giubileo perenne inaugurato da Gesù, gli sia esteriore e ulteriore cosi come l'anno della misericordia non comporta che «il perdono dei peccati sia dato da Dio con maggiore liberalità» (De Rosa).
Scopo dell'Anno Santo, del Giubileo, dell'Anno della Misericordia è riannunciare rimemorare l'anno di grazia inaugurato da Gesù, aiutare gli uomini a reimmergersi sempre più profondamente nel flusso di grazia misericordiosa che ci precede, ci sorregge e ci sospinge verso il perdono e il rinnovamento che possiamo ben definire "santità". Il Giubileo riattualizza oggi la supplica paolina "lasciatevi riconciliare con Dio" e pertanto non consiste in primo luogo nel fare noi qualcosa ma piuttosto nel lasciare che Dio operi in noi. Qui ci soccorre il significato del sabato come "cessazione" [dal lavoro], come "lasciare riposare la terra" riconsegnandola nelle mani di Dio. Il Giubileo deve permettere a Dio di proseguire in noi la sua opera di liberazione.
2. Se quanto illustrato nel punto precedente costituisce la basilare e previa verità del giubileo sia ebraico che cristiano, non è però il tutto. Gesù appropriandosi del programma dell'anonimo profeta postesilico di Is 61 si dice mandato ad annunciare e a compiere tutta una serie di interventi di sanazione e di liberazione, accentuando e intensificando addirittura il fare rispetto all'annunciare. La previa liberazione operata da Dio esige l'impegno a vivere nella libertà e a operare la liberazione del prossimo (molti passi dell'AT e La lettera ai Galati). Questo richiamo normativo non è privo di conseguenze per una retta interpretazione e attuazione del giubileo. Un giubileo che si concentri esclusivamente sul perdono dei peccati inteso in una prospettiva individualistica disinteressandosi sia del peccato strutturale che induce a peccare sia delle conseguente dei peccati che cristallizzano in forme alienanti e oppressive è votato all'insignificanza e a dissolversi in uno spiritualismo disincarnato ma soprattutto – e ciò è ancor più grave - a tradire lo spirito perennemente valido del giubileo ebraico e del giubileo di Gesù come appare in Lc 4.